Quando noi cerchiamo di definire l'attuale "civiltà delie immagini" non abbiamo sufficienti riscontri scientifici per affrontare la reale partecipazione della cultura contemporanea alla fruizione e alla interpretazione dell’immagine come forma di comunicazione e di ricerca artistica. In quale misura l’uomo contemporaneo comprende e trasmette –ricostituendone la matrice-, le suggestioni che gli pervengono dal consumo di immagini ?
Una risposta singolare viene da Mario Borgese, un artista che da alcuni anni compie ricerche formali che procedono anche da un atteggiamento ideologico e umano, da una precisa presa di posizione sull'atto contemporaneo del vìvere. Le sue opere procedono da una tensione ricca di fermenti visivi, una neofigurazione il cui dato distintivo è percepito nell'area del Quotidiano: ma a questo dato si sovrappone come in un giuoco della memoria un recupero ideologico interessante. I contenuti che si rivestono di colori, di ombre e di luci in tanti quadri differenti, passano, opera dopo opera, a trattamenti diversi finché nello stadio ultimo la storia, l'attualità, la ricerca di una precisa impaginazione non-temporale hanno trovato una convergenza perfetta e hanno finalmente definito la "Situazione umana", E’ dunque come far assistere lo spettatore alla formazione stessa dell'immagine. Ciò che tutto il miglior cinema contemporaneo ci ricorda, da "La comare secca" di Bertolucci a "Otto e mezzo” di Fellini a "Blow Up" di Antonioni.

Nell’appartenenza a questa corrente di “opere aperte” le opere di Mario Borgese dichiarano di essere inserite nel contesto della cultura contemporanea visiva, e cioè in un’area assai vasta che va dal fumetto come “condensato comportamentale”, alla televisione come scambio quotidiano di immagini, alla pubblicità.
L’assunto di fondo, a voler indagare nella molla ispiratrice dell’autore, si snoda attraverso una interpretazione della realtà violenta che ci circonda tentando di presentarla come un monito continuo.
Borgese arriva a scomporre la sua figurazione fino a rivelarci il meccanismo di questo nuovo “apparato del tempo” la cui rappresentazione si svolge su piani differenti come “flash back” cinematografici.
Tutta questa ricerca è in completa fase di sviluppo e chiarisce la presenza umana dell’artista nel contesto di questa “nuova visualità” contemporanea.

Walter Alberti